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Il Romanzo

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    Cap 1°        Porta di Mare

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    Cap 2°        Notturno

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    Cap 3°        Maddalena

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    Cap 4°        La Pietraia

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    Cap 5°        Il Vicolo

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    Cap 6°        La Vigilia dell'Assunta

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    Cap 7          Tempesta di mare

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    Cap 8°        Calura  

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    Cap 9°        Mattia

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    Cap 10°      Quiete

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    Cap 11°      Sciame meteorico

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    Cap 12°      Il mirteto

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    Cap 13°      Cassiopea

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    Cap 14°      Maestrale

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    Cap 15°      Il castagneto

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    Cap 16°      Vaniglia

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    Cap 17°      Bava di vento

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    Cap  18°     Solitudine

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    Cap 19°     Allegro ma non troppo

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    Cap 20°     Andante moderato

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    Cap 21°     Andante maestoso

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    Cap 22°     Adagio

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    Cap 23°     Autunno

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    Cap 24°     Tempo

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    Cap 25°     Prestissimo

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    Cap 26°     Allegro energico

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    Cap 27°    Allegro con moto

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    Cap 28°     Largo

   

cap III

Maddalena

 

            Maddalena schiuse appena le persiane.

I suoi movimenti erano impercettibili, non voleva svegliare il marito. Appoggiò i gomiti sul davanzale, il viso sulle mani incrociate e si immerse nell’estatica contemplazione del paesaggio. Il sole le riscaldava di già le braccia e la candida camicia da notte.

            Avvertiva nell’aria una fragranza speciale.

Dall’ orto gli odorosi cespugli di rosmarino fondevano il loro profumo a quello pungente dei pomodori. Un lieve soffio d’aria fece stormire le foglie delle limonaie e degli aranci e i frutti mostrarono i loro smaglianti colori.

La natura era avvolta nel suo soave, consueto, assoluto silenzio.

             Eloquente silenzio.

 Si sentiva felice, una crescente allegria la portava alla pigrizia e indugiava più del solito. Il suo sguardo si perse lontano, scivolando verso la marina. Il cremisi intenso delle bouganvillee, che ornavano le arcate giù a Porta di Mare, esaltava l’indaco del mare.           

            Il mare, il suo amante segreto.

 Nella fantasia le appariva alto, come se si fosse sollevato, quasi a livello della finestra. Il suo luccichio era talmente forte da farle male agli occhi.

Nella calma del mattino riusciva a sentire anche la risacca. Le sembrava quasi che il mare palpitasse.

            Maddalena amava il mare. La faceva sentire libera.

Giovanni non aveva mai voluto che lei uscisse a pesca con lui la notte, neanche una volta.

            “Ti stancheresti troppo” le diceva, ma il mare non la stancava mai. Non si stancava ad ammirarlo, non si stancava a nuotare,  a volte si spingeva molto al largo, anche da sola. 

            “Lenù torna a riva, Lenù” 

Sorrise al ricordo della madre, che faceva vistosi segni di croce urlando a squarciagola dalla riva. Giovanni a grandi bracciate la raggiungeva. La prendeva alle spalle. 

            “Dove vai?”

 L’abbracciava e la baciava con passione. Erano così distanti dalla riva che non avrebbero potuto essere visti, ma Maddalena non gradiva le manifestazioni appassionate del marito.

            “Sei speciale, ti voglio tanto bene. Ora torniamo a riva”

Lei non trovava nulla di speciale a saper nuotare, glielo aveva insegnato Mattia, quando era bambina. 

“Un passo, ancora un passo, non avere paura, muovi subito le gambe, allarga le braccia”

L’acqua l’aveva sostenuta davvero e lei si era sentita leggera, come non mai, e si era allontanata molto dalla riva.

            “Non ho più paura, ma tu non ti allontanare da me” Aveva urlato a Mattia, riprendendo fiato.

            “Nanà non ti lascerò mai, staremo sempre insieme” Le aveva urlato Mattia a pieni polmoni.  Poi, immergendosi, come un delfino, l’aveva raggiunta dal fondale e, mettendosi a nuotare al suo fianco all’improvviso, l’aveva impaurita. Volutamente. Sapeva che lei gli si sarebbe stretta al collo. Lui rideva di cuore e lei si era stizzita. Lo  aveva chiamato più volte ‘sciocco’ e per qualche ora gli aveva tenuto il broncio. 

            Questi ricordi così teneri, lontani, la turbarono.  Una forte vampata di calore la fece sudare. 

            Il mare si avvicinava sempre di più e, per gioco, agitò una mano nell’aria, come per sentirne la frescura. Non si spiegava l’allegria e la voglia di calma interiore. A volte avvertiva questa sensazione, come se dovesse accadere un evento speciale e si poneva nello stato d’animo dell’attesa. Poi non accadeva nulla di particolare, ma nel frattempo aveva spezzato la placida, abitudinaria quotidianità con quella strana trepidazione. Il presagio di imminente felicità ora era misto ad uno strano malessere. Non stava più tanto bene, continuava a  sudare.

            Era agitata.

La inquietava un senso di colpa, che non riusciva a spiegare. Per quasi tutta la notte non era riuscita a dormire, avvolta dalle immagini dolcissime dei ricordi della tenera amicizia che l’aveva sempre legata a Mattia.

Cominciavano a giungere i primi rumori dalla stalla, dall’orto, dalla masseria e dal forno arrivò un piacevolissimo profumo di panini dolci, al burro.  

“Vittorina, non mettere molta uvetta. Preparali come piacciono a lui”  Aveva raccomandato Donna Isabella alla madre e Vittorina aveva cominciato a trafficare in cucina fin dalla notte. Erano stati quelli gli unici rumori che Maddalena aveva percepito, prima di addormentarsi, esausta, all’albeggiare. Tutta la grande casa e forse l’intero borgo vecchio attendevano l’arrivo di Mattia, che era molto benvoluto per il suo carattere.

‘U baruneddu’

 Maddalena sentiva sempre più caldo. Il mare era ancora più luminoso,  più alto. Vibrante. 

Pensò di aver indugiato troppo in finestra. Accostò le persiane in modo da far filtrare l’aria e non la luce. In punta di piedi si avviò in cucina. Sfilò la camicia da notte, versò lentamente dell’acqua fresca nella bacinella e si rinfrescò tutta. L’acqua scivolava leggera sul suo corpo perfetto. Molti giovani erano, almeno prima del suo matrimonio, innamorati di lei. Avevano provato grande invidia verso Giovanni, il giorno della cerimonia. Questo lui lo sapeva bene, amava la giovane moglie ed era particolarmente attento alla sua salute, alla sua felicità. Avvertiva, nella latente invidia e nella bellezza di Maddalena, una minaccia. Il loro matrimonio era stato deciso in gran fretta, con grande sorpresa di tutti e festeggiato in modo poco consono alle loro condizioni economiche. Era stata la baronessa a volere per Lenuzza un matrimonio da ricordare. La chiesa riccamente addobbata, un abito nuziale “degno della sua bellezza”, un banchetto nel giardino di Palazzo. Aveva fatto acquistare a Vittorina la biancheria più fine che avesse trovato.

            “Non le fare mancare nulla, non deve desiderare niente di meglio”  Le aveva raccomandato.La mattina del matrimonio, Isabella aveva chiamato Maddalena e le aveva donato un anello, con un grosso granato e brillanti.

            “Avrei voluto darlo a Giovanni perché te lo donasse, ma non aveva senso. Sapevi che non avrebbe mai potuto acquistare niente del genere. Conservalo come ricordo di Mattia, Adele e Laura, che ti hanno sempre voluto bene come una sorella. Del resto sei cresciuta in casa mia, ti ho visto nascere, ti sono molto affezionata, lo sai”

 A cerimonia avvenuta gli sposi si erano ritirati nella loro abitazione. Dopo una settimana, avevano ripreso la vita di sempre. Giovanni, che era a capo della piccola flotta di pescherecci della famiglia Mastai, lavorava tutta la notte. Al pomeriggio si dilettava come ceramista nella fabbrica dei baroni. Maddalena aiutava la madre, al mattino, nella gestione del guardaroba di Palazzo e in cucina, mentre al pomeriggio ricamava e fungeva da maestra del doposcuola, al Conventino delle suore. Ne ricavava una piccola entrata.

Era trascorso quasi un anno dal suo matrimonio.   “Lenù, e i bambini quando arrivano?”    Ogni tanto le amiche le rivolgevano questa maliziosa domanda. Con candore ed estrema pudicizia, lei rispondeva  che i figli non si sfornavano come i biscotti, che loro volevano mettere un pò di soldi da parte, forse aprire un laboratorio  di ceramiche.

 “Ceramiche artistiche come quelle di Vietri, Maddalè che dici?” Era il sogno di Giovanni, ma piano piano stava diventando anche il suo. Forse avrebbero avuto una bella casa, piccola, ma bella, quasi come il Palazzo.   Per lei, era prioritario avere un’altra casa, piccola o grande aveva poca importanza.  Un’altra casa, lontana da Palazzo Mastai, dai Mastai. Da tutti i Mastai.

Avrebbe voluto vivere altrove, anche in un’altra città.

Aveva usato poco del ricco corredo di nozze. Trovava sempre un pretesto, ora una tovaglia non era adatta per il tavolo, ora un lenzuolo era troppo ricamato e difficile da stirare.

“A chi la conserviamo tutta questa biancheria?” le chiedeva il marito.

“Per la nuova casa” rispondeva lei, ferma.

“Non staremo fantasticando un pò troppo? Forse dovremmo pensare a fare qualche figlio, approfittiamo finché viviamo qui. Almeno questa è una casa sicura” . Giovanni la infastidiva con questi discorsi. A volte tesseva grandi progetti, che poi lei confidava alle amiche, a volte era così realista e materiale, da detestarlo. Finivano col litigare. Diventavano tristi e taciturni. Vittorina capiva che la figlia aveva problemi con il marito e traeva sempre la solita conclusione, comune a tutte le altre donne.

            “Menù, Giovanni ti vuole incinta, vuole un figlio, lo capisci o no? Del resto che devi aspettare? Qui hai tutto quello che vuoi. Una moglie deve essere madre, se no che moglie è!”                                          Lei ascoltava questi discorsi senza senso, come li definiva tra se, con indifferenza se provenivano dalle altre donne e con indignazione se era proprio la madre a farli. Avrebbe voluto comprensione da lei. Forse non si sentiva pronta e aveva anche una latente paura del parto. Tutte quelle storie tormentose, che avevano cominciato a raccontare in sua presenza le donne maritate, da quando lei stessa si era maritata, le avevano fatto perdere tutta la poesia dell’attesa e della nascita, che in cuor suo aveva sempre accolto con tenerezza fin da bambina. Da bambina aveva visto le giovani andare spose, aveva assistito alle cerimonie, partecipato ai chiassosi banchetti. Dopo qualche tempo le sposine annunciavano, trionfanti, che avrebbero avuto un figlio. E allora finivano i discorsi a voce alta e cominciavano i bisbiglii. Le donne diventavano sempre più voluminose. Qualcuna restava molto bella, solo panciuta, altre si deformavano letteralmente, almeno ai suoi occhi di bambina.

            Allora altri bisbiglii, strane visite. Altri bisbiglii.

Qualche bambina più audace, sorpresa a origliare dietro le porte, riceveva schioccanti ceffoni. Riprendevano i loro giochi, ma il proibito avvolgeva tutto in un fitto mistero.

            - Sarà maschio o femmina? -

Si chiedevano spesso, interrompendo il gioco. Qualche tempo dopo udivano i vagiti di una nuova vita. Per Maddalena non c’era distinzione tra il vagito di un maschio e quello di una femmina, invece le vecchie sedute fuori l’uscio a nettare verdure o a ricamare, esordivano sempre con la fastidiosa frase:

- Non c’è nente da fare: ‘nu masculu è ‘nu masculu ! -

Un giorno Maddalena, con le lacrime agli occhi, era corsa dalla madre che impastava il pane in cucina. La donna si era pulita le mani, si era seduta e l’aveva presa in braccio.

"Che hai, Menuzza mia ?” Maddalena ,sconvolta , aveva confidato alla mamma le sue paure.

“Saresti stata più contenta se fossi stata un maschio?”

“Sei la consolazione della mia vita, il mio angioletto. Quando ti aspettavo pregavo giorno e notte che la mia creatura nascesse sana. Maschio o femmina aveva poca importanza” E la consolazione era stata grande anche per Maddalena e la consapevolezza di quelle parole serene e sincere aveva accresciuto la sua femminilità. Da allora non si era mai sentita inferiore a un maschio. La madre, balia di Mattia, era stata per lei un modello esemplare. Dopo la scomparsa del marito, aveva allevato i figli lavorando instancabilmente a casa Mastai. Era la cuoca, la governante fidata. Aveva cresciuto i piccoli di casa Mastai, che per Maddalena e Giacomo erano come fratelli L’immaginario femminile di Maddalena comprendeva non solo il matrimonio, i figli, ma anche e soprattutto l’indipendenza economica. Prima di sposarsi aveva annunciato a Giovanni di voler insegnare.

“Ho anche due anni di tirocinio, non dovrebbero mandarmi troppo lontano” gli aveva detto.

“Non se ne parla neanche. Anche io ho un diploma, ma non vado a Torino o in Germania. Voglio vivere qua. Ho un buon lavoro, che ci permetterà di campare decentemente”

            Era stato irremovibile.

“Ma così dipenderemo sempre dai Mastai. Io sono legata a loro da grande affetto e proprio per questo vorrei avere una mia indipendenza economica” Maddalena non lo aveva convinto e aveva rinunciato con rassegnazione al suo progetto.

“Maddalena vorrei tanto un figlio, meglio cominciare ora che siamo giovani”  Le aveva chiesto il marito con insistenza, qualche mese dopo il matrimonio, cercando di vincere la sua riluttanza. “Prima la casa nuova” rispondeva lei, sempre più ferma. Aveva, col passare del tempo, maturato una sorta di timore e di pudicizia. La sola idea di annunciare a tutti un evento così tenero con tutte le esibizioni necessarie la bloccava completamente. Giovanni non si era adattato alla situazione, ma era consapevole che prima o poi la moglie avrebbe maturato il desiderio della maternità. Così lo aveva consolato zia Angela, che era per lui come una madre.

Questi ricordi la inquietarono. Mentre si vestiva Maddalena pensò che non doveva indossare un abito qualsiasi. Era quasi un giorno di grande festa, e il tanto atteso ritorno di Mattia aveva messo tutti in agitazione. In punta di piedi ritornò in camera da letto e si svestì. L’anta dell’armadio emise un leggero cigolio. Maddalena, nell’atto di coprirsi, accostò al seno il vestito appena levato. Non riusciva ancora a vincere la soggezione che provava verso il marito. Giovanni si rigirò al leggero rumore, ma continuò a dormire. Maddalena tirò un sospiro di sollievo. Prese una camicia ricamata, una gonna fluente e le infilò frettolosamente. Poi si recò in cucina e celò alla meglio l’inconsueto abbigliamento, allacciando in vita un grande grembiule bianco. Si ricordò all’ultimo momento del bricco del caffè che il marito, al rientro, poneva sul fornello. La cenere era ormai spenta. Era un’affettuosità di Giovanni verso la moglie, che non avrebbe rivisto prima dell’ora di pranzo. Maddalena ne sorseggiò un pò e il resto lo versò in una tazza. e, in punta di piedi, rientrò in camera da letto e poggiò la tazzina sul comodino. Svelta uscì di casa. Era molto in ritardo, ne era sicura. Mentre chiudeva l’uscio la madre la chiamò a bassa voce dal balcone della cucina di Palazzo.

“Passa dalla sala da pranzo, prendi un vassoio d’argento per i panini”. Che bisogno aveva di chiamarla! Avrebbe potuto svegliare Giovanni.

“Che fretta c’è, chissà a che ora arriverà Mattia!”  si chiese pensierosa. Scendendo in gran fretta i pochi scalini  slacciò il grembiule e lo nascose, infilandolo tra un vaso e l’altro.I suoi passi leggeri non si udivano sui selciato del vicolo. Alla sua andatura svelta, i fiati  delle abitazioni, che avevano le porte già spalancate, si fondevano. All’aroma del caffè si univa anche l’odore del sugo di pomodoro, che qualche sua vicina preparava di buon mattino per evitare il calore del fuoco a mezzogiorno. Maddalena sorrise salutando solo con la mano le amiche, già sudate e piene di schizzi di pomodori appena schiacciati. Decise di accorciare tagliando per il porticato di Palazzo, avrebbe così evitato il sole e tutti quegli odori che, a quell’ora, la disgustavano. Era una giornata splendida. I colori che aveva visto dalla sua finestra apparivano ancora più brillanti dal porticato.

Era quella la parte più variopinta di Palazzo Mastai. Gli archi erano rivestiti da accese bouganvillee e le panciute giare di terracotta contenevano gerani sgargianti. Al limitare del porticato si apriva l’onirico scenario dello  strapiombo. Si aveva l’impressione di stare sospesi tra cielo e mare. Si riacquistava la dimensione reale scendendo solo pochi scalini, che Maddalena scendeva sempre lentamente, per gustare tutta la soavità del paesaggio. A volte udiva solo il rumore dei suoi passi, intercalato dal fluttuare del mare.

Vittorina intanto continuava a chiamare la figlia. E Maddalena affrettò l’andatura.

            “Nanà” 

Solo Mattia la chiamava così e solo loro due conoscevano il vezzeggiativo, che lui le aveva attribuito da bambino.

Mattia, non appena la riconobbe, salì verso il porticato dalla gradinata della Pietraia,  a grandi passi.

             “Nanà” Ripeteva andandole incontro.

 Maddalena era senza fiato per l’emozione. Era molto cambiato. I lineamenti più marcati, i baffi, l’abbronzatura gli conferivano l’aspetto di uomo maturo.

            Di uomo.Maddalena lo ricordava  diverso, con tratti più giovanili. Questo cambiamento la intimidì.

            “Sei splendida! Ricordavo la tua bellezza, ma non immaginavo che potessi diventare ancora più bella. Dunque non ho aspettato invano”

Si sentì  quasi soffocare in un forte abbraccio. Mattia la baciava, la abbracciava facendola girare quasi in una danza.

“Nanà, il mio grande amore!” Le ripeteva sorridendo, stringendola ancora più forte. Non l’aveva mai stretta così e lei cercava di divincolarsi.

            Sentì che Maddalena era diventata una donna.  Il suo corpo esile di fanciulla si era trasformato.             Impacciato da questo cambiamento, la allontanò, tenendola ancora per mano.

Maddalena balbettava, scongiurandolo di lasciarla andare. Quando riuscì a divincolare anche le mani, gli disse semplicemente:  “Quando sei arrivato?”

Mattia le sorrise.

            “Solo questo mi dici? Amore mio, sono arrivato stanotte. Sono sceso alla  Pietraia e ho cercato di dormire un pò. Grazie, per averla sistemata così bene, sono sicuro che sei stata tu. Non ho chiuso occhio tutta la notte, perché non vedevo l’ora di incontrarti. Andiamo a fare colazione, ho fame. Voglio mangiare i panini che tua madre ha sicuramente preparato. Arrivava il profumo fino alla Pietraia! Poi voglio mangiarti di baci, voglio bere un buon caffè e parlarti dei miei progetti”

Le cinse la vita, cercando di avviarsi verso il salotto del giardino. Maddalena si divincolò ancora una volta.

“Nanà, Nanà, è da mesi che aspetto questo momento. Non devo sciuparlo. Hai ragione. Aspetterò ancora qualche minuto,  voglio aspettare e godere l’attesa insieme a te. Abbiamo trascorso la nostra infanzia confidandoci tutto, ora che devo confessarti la cosa più importante della mia vita, mi sento impacciato”

            Mattia si allontanò un po’, per guardarla ancora.

“Santo cielo, come sei bella. Maddalena stanotte ero agitato, nervoso e preoccupato per la tua reazione”

            Le accarezzava il viso, i capelli.

“Sono rimasti di seta, come quando eri bambina. Sono felice, felice, mi fai impazzire di felicità”

Maddalena si divincolò, ancora una volta. Era molto triste. I suoi occhi si erano spenti.

“Non sei felice di rivedermi? Cosa c’è, amore mio?” le chiese turbato.            

“Mattia, Mattia, hai sempre voglia di giocare, ma non siamo più bambini. Io sono una donna sposata, lo sai! A qualcuno potrebbe dare fastidio, non credi? ”

Mattia si rabbuiò e si allontanò da Maddalena, guardandola incredulo. Le prese la mano sinistra, riconobbe l’anello di brillanti e sorrise.

“Menti, porti il mio anello! Ho pregato mia madre di donartelo, l’anno scorso. Allora non capivo bene perché, ma sapevo che poteva essere solo tuo”

“Grazie,  tua madre me lo ha regalato proprio la mattina delle mie nozze con Giovanni. Grazie, è veramente bellissimo. Ora ti prego, basta per favore!”

“Cosa dici, ma come ti viene in mente? Dammi la mano”  Con uno scatto di nervi le afferrò la mano sinistra e vide, nascosta  dal grosso gioiello, la sottile fede nuziale.            

            “Ma cosa hai fatto, che significa?”  Le chiese. 

“Quello che ho già detto, sono sposata. Basta, ve ne prego” “Ora cambi pure tono. Devo darti anche io del ‘voi’, dunque! Signora, come vi è saltato in mente di dire queste stupidaggini o meglio, anzi peggio, come vi è venuto in mente di sposarvi?”  Incurante del suo rifiuto la abbracciò ancora una volta. A volte quando erano bambini, litigavano di brutto, in special modo se Mattia prendeva in giro Maddalena o la voleva proteggere troppo, come il fratello. “Non ti impicciare, non sono fatti tuoi” Gli diceva lei.

            “Sono fatti miei, invece. Molto più di quanto tu non creda. Tu sei mia”

Replicava lui, molto arrabbiato. Maddalena non era sua, perché Mattia le voleva bene, come alle sorelle, e non l’aveva mai sfiorata con pensieri diversi dall’amore fraterno, dall’amicizia.

“Signora, non mi avete ancora risposto, perché vi siete sposata?”  Le ripeté ad alta voce.

“Non avrei dovuto, forse?” gli chiese. “No” obiettò, e la allontanò, brusco.

Mattia, senza riflettere, le disse quasi come un ordine: “Maddalena, raggiungimi alla Pietraia, dopo colazione, devo parlarti, è una cosa molto seria. Comincio a seccarmi di questi giochetti! Non siamo più bambini, come giustamente hai detto!”  Il tono sgarbato, così inusuale nel dolce carattere di Mattia, la disorientò completamente. Ebbe il coraggio di rifiutare e, con tono fermo, rispose semplicemente:

            “No”

Capiva che erano discorsi da non fare e in ogni caso da non sentire proprio. “Possiamo parlare anche qui, subito, se è così importante” gli disse con fermezza, che era l’elemento di separazione tra la dolcezza ineffabile e crescente che provava verso di lui e il dolore causato dai sentimenti troppo a lungo repressi.

            E da reprimere ancora, e per sempre. Non sopportava di vederlo così triste. 

            “Non ha più importanza, niente è importante, ora”  Le rispose. 

Forse era un leggero malore, ma all’improvviso nel porticato era diventato buio, per Maddalena. Riusciva a vedere solo l’azzurro cupo del mare. Lontano e indifferente.

“Mia madre ha bisogno del mio aiuto e credo che la colazione sia già pronta. Andiamo” A fatica Maddalena si avviò a eseguire la richiesta di Vittorina. Mattia la lasciò andare e rimase ad osservarla, finchè di lei sentì solo l’eco dei passi. E con lei sparivano tutti i suoni, i colori, gli odori del luogo natio che aveva appena ritrovato.   Non era certo di stare bene. Si sedette su una panca di pietra. Era confuso. Passò più volte le mani fra capelli, massaggiandosi le tempie, che pulsavano forte. Sentiva una profonda solitudine, come se tutti si fossero dimenticati di lui. Non aveva incontrato ancora i familiari e il fatto che  Maddalena si fosse sposata lo aveva stroncato. Era avvilito. Tutto era cambiato. Adele aspettava già il secondo bambino e lui non conosceva neanche il primo, Lauretta aveva appena partorito, Maddalena si era sposata.

 “Che idiota! Come mi è venuto in mente di parlarle in quel modo e cosa le posso dire, ora che è sposata! Sposata, Nanà sposata!” E in preda all’autolesionismo scandiva ‘sposata’ per convincersene.  Si chiese che diritti poteva avere su una donna chi come lui non si faceva sentire da quasi due anni o quali aspettative poteva aver maturato Maddalena verso di lui, col trascorrere del tempo.

            Troppo tempo.

Si sentì puerile. A più trenta anni si era comportato come un bambino. Accese un sigaro, guardando distrattamente il mare.  Il suo amico di sempre.

            Come Maddalena era stata la sua amica di sempre.

Non riusciva a spiegarsi perché non era stato messo a conoscenza del matrimonio. Tutti erano, al contrario, a conoscenza dell’affetto che provava per lei. Col trascorrere dei minuti, l’affetto, mutato negli ultimi mesi in amore tenerissimo,  lo cominciava a travolgere come un fiume in piena. Ripensò al suo viso, alla sua bellezza, al suo corpo di donna e provò l’irrefrenabile desiderio di riabbracciarla, ma non era realizzabile. Spense il sigaro. Passò e ripassò le dita sulle tempie. Sperava che fosse uno degli incubi infantili, ma l’infanzia era lontana e lui era un uomo che aveva disilluso le sue stesse aspettative, aspettando troppo. Negli ultimi mesi aveva tessuto una tela senza il filo, creando disegni e trame fantastiche per la sua vita futura, nella quale Maddalena aveva il ruolo dominante. “Sposata! E’ tutto finito!” continuava a ripetersi. Dopo qualche minuto si riprese e, sentendo vociare in giardino, decise di raggiungere il resto della famiglia che lo attendeva per la colazione. Cominciava la nuova vita e non come aveva sperato.

 Scuro in volto, si alzò avvertendo ancora uno strano malessere diffuso in tutto il corpo.

Ad attenderlo c’erano le due sorelle con i bambini,  l’anziana zia Maddalena e la madre. Rivedere Adele, Lauretta e i nipotini gli diede un pò di sollievo. L’affetto sincero che li legava gli concesse una fugace pausa mentale. Arrivò Vittorina con il caffè, un cestino di pesche e albicocche.

“Mattia, baruneddu meu bellu !”

Lo salutò con tutto l’affetto che provava. Mattia si alzò, per andarle incontro. La abbracciava teneramente. Le prese il viso paffuto fra le mani. “Mia adorata Vittoria, quanto mi sei mancata!”

Non sapeva più se erano parole rivolte a lei o al suo mondo.  A Maddalena.

“Come sei bello con i baffi, è una novità! Ma che hai? Hai gli occhi velati, cerca di dormire. Sembri molto stanco!” A Vittoria non sfuggiva nulla di Mattia. Era come un libro aperto e aveva già capito che qualcosa non andava.  “Ora viene pure Maddalena  e ti porta i panini. Non vi siete ancora incontrati, vero?” Gli chiese e aggiunse, rivolgendosi a donna Isabella: “ Scusatela, è in cucina. Ha avuto un giramento di testa”

“Vittorina può darsi che stia per avverarsi il vostro desiderio”

“Di che si tratta?” Chiese Mattia con studiata indifferenza, tanto per partecipare alla conversazione. In tono malizioso, Lauretta gli confidò a bassa voce  che sia Giovanni che Vittorina non aspettavano altro che Maddalena restasse incinta. “Anche nostra madre! Non capisco perché ha questa fissazione, neanche fosse un nipotino suo!” aggiunse Adele con un sorriso. “Che idiozia, Maddalena incinta! E’ giovanissima!”  Replicò nervosissimo. “Ma che dici! Ha l’età di Lauretta ed ha già aspettato troppo ad avere un figlio” rispose seccamente donna Isabella. “Vengo a darle un’occhiata, non la fare muovere dalla cucina” ordinò Mattia a Vittorina, che  andava a prendere il resto della colazione.

“Stai qui, non ti muovere. Sono cose di donne. E’ andata la madre e poi di là ci sono tutte le altre ragazze, che la possono soccorrere”

            “Mamma, dimentichi che sono un medico”

            “Già, vorrei proprio dimenticarlo!”

Laura e Adele si scambiarono sguardi d’intesa. Sapevano che prima o poi sarebbe emerso il vecchio contrasto e che avrebbero litigato. Mattia incurante si alzò dal tavolo, ma la madre lo trattenne per un braccio. Per evitare storie al cospetto dell’anziana zia, il giovane si sedette.

“Così Maddalena ha sposato Giovanni, ma chi è?” “Giovanni il figlio di zio  Matteo, buon’anima, il capo flottiglia” intervenne Adele. “Maddalena sposata, non ci posso credere!” ripeteva incredulo.

“Non ti sta bene Giovanni? Chi doveva sposare la figlia della tua nutrice, un conte?  E poi era già in età da marito” intervenne la zia, ironicamente. Zia Maddalena sapeva intervenire sempre in aiuto alla cognata. Spesso in modo sgradevole. “Lo so che sei sempre stato affezionato a Lenuzza ed è naturale che tu sia preoccupato della novità. Stai tranquillo, Giovanni è un bravo giovane, ha anche un diploma. Stai tranquillo, le vuole bene e questo è quello che conta. Conoscendo l’affetto che avevi sempre nutrito per Lenuzza,  li ho aiutati molto al momento del matrimonio” riprese la madre con dolcezza un discorso divenuto troppo aspro.

            “Già, ho visto. Le hai anche donato l’anello che mi apparteneva e che sapevi avrei voluto dare alla mia futura moglie. Non hai tenuto affatto conto di quello che ti avevo scritto due anni fa” continuò Mattia sempre più incollerito.

            “Il tempo spesso cancella le richieste di chi sta lontano, di chi si è estraneato dalla sua famiglia per quasi sette anni. Arrivavi così di rado e per così poco tempo che era difficile tenere dietro alle tue affollate, imprevedibili e, scusami, poco attuabili richieste” Donna Isabella aveva ripreso il tono autorevole e severo .

“Non mi sono estraneato, lo sai bene. Gli impegni di studio mi hanno soffocato. Dovresti conoscermi o almeno credo”

La conversazione aveva di nuovo assunto un tono pesante e non c’era più ragione di continuare la colazione in giardino. “Vado in cucina a prendere un pò di caffè caldo e soprattutto a visitare Maddalena. Ci vediamo a pranzo. Più tardi esco in barca con Giacomo. Andremo a fare il bagno alla grotta di San Gregorio. Anche stasera dormirò giù alla Pietraia”  Nulla riuscì più a trattenere Mattia. Diede un bacio alle sorelle e ai nipotini.

“Mattia, ricorda gli impegni presi. Domani c’è la cena in tuo onore con tutti i parenti. Non vedono l’ora di rivederti” rammentò la madre al giovane che era già stanco al pensiero di tutta quella gente.

“Invece di occuparti di Maddalena, pensa un pò alla tua salute. Sembri molto stanco!” Fu il residuo uditivo delle parole che riuscì a captare dal giardino, mentre ripassava dal porticato. Si fermò a guardare il mare, sperava che gli fosse di consolazione, ma si sentiva svuotato.

            Si sedette di nuovo.

Non capiva cosa gli stesse succedendo. Provava di nuovo una nostalgia struggente, ma non sapeva di cosa, di chi. Forse della notte appena trascorsa nelle immagini dolcissime e dei sogni svaniti. Concluse che la cosa più opportuna fosse ritornare a Roma. Forse ormai quei luoghi gli erano diventati estranei.

            Maddalena  non era e non poteva più essere sua.

Unico punto di riferimento, la serenità della bellezza del posto, che non gli suggeriva più nulla. Si chiese se in seguito non si sarebbe stancato a guardare il mare, a uscire in barca. A Roma aveva sognato uno studio con la vetrata che affacciava sulla baia. Maddalena al suo fianco. E Maddalena stava al fianco di un altro, che lui non conosceva neanche. Era diventata questa la meta della sua vita: la sua professione e lo studio affacciato sul mare? Aveva maturato il desiderio di ritornare al paese per essere circondato da un bel paesaggio?            Ben altro. Era tornato per sposare Maddalena, solo che aveva trascurato un piccolo particolare, grande quanto i desideri: non ne aveva mai parlato a Maddalena. Lei era parte integrante della sua esistenza, era scontato per lui che tutto fosse immutato. Forse aveva ragione la madre quando gli diceva che non sapeva esattamente cosa volesse in realtà dalla vita. Solo poche ore prima era arrivato carico della sua raggiunta consapevolezza di scelta, della pienezza del suo futuro. Avvertiva latente un prepotente senso di ira, non ben concretizzato verso qualcuno o qualcosa e fu l’ira a riportarlo alla realtà.

            Perché si era sposata?

Lo rendeva furioso il fatto che glielo avesse nascosto. Aveva tradito la loro amicizia.  Si alzò di scatto e si diresse in cucina. Era arrabbiato con tutti, a cominciare da se stesso, ma a Maddalena avrebbe voluto fare una vera e propria scenata. E Maddalena era ancora in cucina e, all’apparenza, stanca e sofferente. Le domestiche presenti lo salutarono con affetto. “Come vi chiameremo d’ora in poi? Baroncino, dottore o professore?”

“Mattia, solo Mattia. Non è cambiato nulla. Non sono cambiato” Rispose, guardando Maddalena negli occhi.

 “Siete sempre stato simpatico” disse Caterina,  fuori luogo e fuori di testa. “Uscite per favore, vorrei visitare Maddalena” fu l’invito di risposta. “Iati, iati, uscite, uscite! Dobbiamo restare solo noi” Aggiunse Vittorina.

            “No, Vittoria, esci pure tu, grazie. Ti chiamerò dopo” 

Titubante Vittorina, lasciò la figlia da sola con il dottore. Anche se era u baruneddu, Mattia era pur sempre un uomo e Mattia era diventato un uomo. Troppo autorevole, per quanto la riguardava.  E troppo uomo.

A Vittorina non sfuggiva nulla di Mattia.  Indugiò sulla porta.

“Ti prego, esci! Stai tranquilla, voglio farle solo alcune domande” Le ripeté Mattia, con fermezza, non comprendendo le sue perplessità. Cominciava a seccarsi parecchio. Maddalena tremava. Era molto pallida, le girava la testa. Guardandola, Mattia provò  grande tenerezza. Tutta la sua ira era svanita.  Si piegò sulle ginocchia, per starle più vicino. Le strinse i polsi, e poi, accarezzandole il viso con dolcezza, seppe solo ripeterle:

“Raggiungimi alla Pietraia, voglio parlarti, te ne prego”

Capì in quell’istante di amarla e desiderarla, di volersi legare a lei per sempre.  Sfuggiva la realtà. Poi, recuperando il suo ruolo professionale, le rivolse alcune domande specifiche, che gli chiarirono le idee sul suo stato di salute. La tranquillizzò e si tranquillizzò, quando capì che non poteva essere incinta. La baciò sulla fronte e, mentre andava via, le disse ancora una volta: “Ti aspetto, dopo pranzo, alla Pietraia. Ti prego, è  troppo importante per me. Forse non è ancora così  tardi per noi”  

            Maddalena ora stava peggio di prima. 

Fuori alla cucina tutte aspettavano che Mattia uscisse. “Se, come credo, volete sapere se è incinta, la risposta è no. Gode ottima salute. E’ solo un malore dovuto al caldo. Ha bisogno di un po' di riposo. Oggi pomeriggio non la disturbate, fatela dormire. Vittoria non la fare andare al conventino”

“Mattia, oggi è la vigilia dell’Assunzione e non si lavora. Doveva solo aiutarmi in cucina per la cena di stasera e quella di domani” rispose  la donna. “Non si lavora perché è Vigilia, e lei invece doveva aiutarti ‘solo’ per i pranzi! Roba da pazzi! Lasciatela in pace. Fatti aiutare da tutte le domestiche che ci sono in casa. Questi benedetti pranzi, sono una fissazione in questa famiglia!” e si allontanò molto contrariato.

“Oramai parla come un medico, non c’è nente da fare. E’ com’è bellu!” intervenne ancora Caterina, la più giovane, non appena  fu uscito. “Stai zitta, cretina, come ti permetti!” la rimproverò aspramente Vittoria, che non amava sentire apprezzamenti sui Mastai. “Perché,  non è un medico e non è bello come il sole? Certe notti me lo sogno pure e dire che l’avevo visto  solo poche volte!”  Entrò in quell’istante Donna Isabella, per dare gli ultimi ordini, ma soprattutto per sapere di Lenuzza. Le si avvicinò premurosa. “Come stai?” le chiese, ma rispose Vittorina, al suo posto e a suo modo:

“Nente, nente baronessa mia, niente bambini ancora. E’ solo stanca, ha detto il dottore”

            “Quale dottore?”

Chiese preoccupata Isabella, credendo che avessero chiamato d’urgenza il medico.

            “Vostro figlio, u baruneddu !” rispose Caterina.

“Già! Non sono ancora abituata all’idea. Si, non sono ancora abituata” Disse con fare distratto Donna Isabella, come parlando a se stessa, mentre si allontanava dalla cucina.

 

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