Cap 6° La Vigilia dell'Assunta | |
Cap 9° Mattia | |
Cap 19° Allegro ma non troppo | |
Cap 25° Prestissimo | |
Cap 26° Allegro energico | |
Cap 27° Allegro con moto | |
Cap 28° Largo |
cap XII
I suoi timori erano veri, Giovanni non avrebbe rinunciato alla moglie con facilità. Mattia era molto turbato. Cominciò a maturare la convinzione che Maddalena gli avesse parlato dell’annullamento. Era molto preoccupato.
Vittorina aveva avuto paura quando aveva visto il genero alzare quasi le mani sulla figlia, durante il litigio.
“No, si sarà sbagliata. Forse era solo minaccioso. Tiene a Maddalena e credo che non le abbia più fatto del male, almeno dopo la prima schifosissima volta. Del resto Maddalena ha saputo gestire i loro rapporti, altrimenti un figlio sarebbe già arrivato. Pur di non perderla, credo che da allora l’abbia sempre assecondata. No, non può farle del male. Non ne sarebbe capace”
Mattia era triste, incupito. I suoi lineamenti volitivi, ma dolci nel contempo, erano induriti.
Camminavano lentamente con Michele, sotto il porticato. Michele non sopportava di vederlo così infelice, cominciò a fischiettare.
“Mi piace molto ‘L’Estate’ delle Quattro stagioni di Vivaldi, in particolare il Presto:
Ah che purtroppo i suoi timor son veri
tuona e fulmina in ciel e grandinoso
tronca il capo alle spiche e ai grand’alberi”
Declamava e intonava il motivo.
“Hai proprio ragione, ma non sulle spighe si è abbattuta la grandine, bensì sul mio cuore” rispose Mattia e proseguì:
“Grazie per non fare domande. In questo momento ho bisogno di riflettere, da solo”
“E non mi potevi lasciare in pace, con le tue adorabili sorelle. Potevi scendere alla Pietraia da solo. Qua un brutto raffreddore non ce lo risparmia nessuno. Bell’amico!”
Michele sapeva prendere Mattia per il verso giusto. Cominciò a piovere più forte, una forte tempesta. Dovettero fare una corsa.
Benefica, la pioggia piaceva a Mattia.
Era di nuovo sereno, apparentemente.
“Una burrasca ne leva un’altra”
Gli diceva sempre zio Pietro, quando ad una forte pioggia seguiva il maestrale, mentre erano al largo su Cassiopea.
La pioggia gli distendeva i nervi, era catartica. Lavava via tutte le angosce, restava solo la cristallina passione, l’amore puro che provava per la sua donna. Niente difficoltà, espedienti. Sentiva di nuovo il cuore gonfio di desiderio di amore, felicità d’amare.
Smise quasi di piovere, solo un’acquerugiola fina.
Ripresero a camminare lentamente.
Il mirteto spandeva il suo profumo selvatico. Nel grigiore uggioso, spiccavano le bacche già mature. Mattia passando tastava le foglioline. Generose gocce di pioggia gli restavano fra le dita e scivolavano via leggere.
Temeva che la nuova felicità gli potesse sfuggire così come l’acqua, prima che se ne rendesse conto.
E se Maddalena si fosse lasciata convincere dal marito?
Temeva di perderla.
Divenne di nuovo taciturno.
Michele rispettava il suo silenzio. Ammirava i vialetti, l’intricata e bassa boscaglia di mirti, le bouganvillee, i vasi colmi di fiori colorati. Il vialetto diventava sempre più angusto. Arrivarono al cancello della Pietraia.
Il cielo era di nuovo minaccioso, lunghe saette lo squarciavano. Arrivava dalla marina il boato dei flutti sugli scogli.
Fecero una corsa, fino all’uscio.
Osservarono l’arrivo del nuovo temporale attraverso i vetri delle finestre del salottino.
“Che spettacolo maestoso” esclamò Michele.
Larghi teli, plumbei e iridati, arrivavano dall’orizzonte, coprendo con l’imponente massa d’acqua il mare stesso, che veniva inghiottito dalla loro trama fitta. Il maestrale spingeva le onde, che furiose vomitavano la loro ira sulla riva. Lunghe strisce spumose si allungavano minacciose, fino alle prime case.
“Questa è la Pietraia, luogo di fascino. Ammalia come una sirena, mio caro amico”
Michele concordò pienamente con l’esposizione di Mattia.
“Credo bene che tu ami vivere qui!” disse sistemandosi comodamente in una poltrona.
Accese un sigaro.
Mattia andò in cucina a preparare del caffè.
“Pensi che ti adatterai a vivere qui, per sempre? Non ti mancherà a un certo punto Roma e tutto quello che può offrirti? A livello di carriera, almeno”
Mattia ascoltava la pioggia che crepitava sempre più forte e prestava ascolto alle parole di Michele.
“Qui ho trovato l’essenza della mia vita”, rispose.
Il caffè era pronto e chiamò l’amico. Michele non poté più tacere, non per ingerenza. Era seriamente preoccupato.
“E’ una essenza di nome Maddalena, vero? Come pensi di superare la realtà del suo matrimonio. E’ sposata, ho capito bene, o no? Lei ti ricambia, credo”
“Cosa dici? Da cosa hai tratto queste conclusioni?”
Mattia si sentì preso alle spalle. Era difficile mentire a Michele, ma continuò a farlo.
“Le sono molto affezionato”
“Fin troppo credo. Mattia, ieri sera ti ho visto quando la baciavi dietro al cespuglio, prima del concerto e non mi sembravano baci fraterni. Ti auguro che il marito non fosse vicino a me, francamente, non potrei giurarlo, stai attento. Comunque era mio dovere avvertirti”
Mattia lo prese in giro, ma Michele era molto serio.
“Cosa ti è capitato in questi tre giorni? E’ lei la sirena, non la Pietraia”
“Vedi, Maddalena conta come le mie sorelle. Ho sempre avuto grande tenerezza nei suoi confronti, lei ha sempre avuto grande fiducia in me. Si sentiva protetta. Quando ho scoperto che si era sposata, a mia insaputa, credimi, sono rimasto sconvolto”
“Erano circa due anni esatti che mancavi da qui, vero?”
“Proprio così, maledizione! Torniamo in salotto, sono stanco” concluse.
Il temporale infuriava. La Pietraia era soggiogata alla furia del vento.
“Sono in pensiero. Ho bisogno di rivederla. Non posso immaginarla vicino al marito. Credo che la plagi in qualche modo, con il senso del dovere coniugale, la fedeltà minacciata. Temo che la costringa letteralmente a stare dalla zia”
Mattia era stanco, provato.
“La tua preoccupazione è eccessiva. In fondo è con il marito, non con un bruto. Perché dovrebbe plagiarla. Prima o poi si renderà conto dell’evidenza, del fatto che siete buoni amici e basta”
Michele fumava e sorseggiava caffè, aspettava che Mattia si confidasse.
“Posso assicurarti che non ero io a baciarla dietro ai cespugli. Avrai scambiato Giacomo che era vicino a te, se non ricordo male, per il marito. Guarda che Giovanni è molto passionale, me lo ha confidato lei”
“Sono contento di essermi sbagliato, sarebbe stato veramente grave, altrimenti”
Era una novità che Mattia mentisse a Michele, ma lui comprendeva le ragioni dell’amico. Forse si sarebbe comportato allo stesso modo, in una situazione analoga.
“Ci sono dei sentimenti che non possono essere palesati, anche al miglior amico” pensò.
“Vuoi visitare l’abbazia di San Bruno? Domani potremmo andare, porteremo anche Giacomo” gli chiese Mattia.
Michele era sempre più preoccupato.
“Mattia, stai bene? Perché non approfitti per riflettere finchè lei è fuori, vedresti le cose in modo più distaccato. Non voglio scoraggiarti, ma sei sicuro che Maddalena non ritrovi quello che manca al suo matrimonio, nel frattempo, a Serra, stando da sola con Giovanni? Rifletti, approfitta per riflettere, anche nel suo interesse. Questo distacco potrebbe essere decisivo, per farvi meglio comprendere fino a dove tu puoi spingere la tua amicizia e l’interessamento, intendo”
Michele era allusivo.
Mattia si era pentito di aver confidato all’amico i suoi sentimenti di protezione e di tenerezza verso Maddalena. Michele li aveva giudicati smodatamente inopportuni.
“Scusami se mi permetto ancora una volta, ma sarà bene che tu ricordi che è sposata” aveva concluso.
Mattia a quel punto decise che era meglio fargli credere che era nel giusto. Avrebbe mandato Giacomo e Vittoria a Serra. Vittoria avrebbe raccontato al genero quello che le avrebbe detto donna Isabella e tutto sarebbe filato liscio.
La passione per Maddalena era così tagliente che gli affilava i ragionamenti.
“Forse hai ragione” riprese “Devo riflettere. Potrei rovinare la vita di Maddalena, con l’impulsività delle mie ingerenze. Quello che hai detto potrebbe avere un fondo di verità. Non voglio sconvolgere la sua e la mia esistenza. Come potrei presentarmi a Serra? Che scusa sarebbe: ho portato Michele a visitare la Certosa. Il marito penserebbe che sono andato a trovare lei, figuriamoci! Geloso com’è!”
Sembrava convinto, le parole erano misurate e il tono pacato.
“Penso sia la soluzione migliore. Se domani sarà bel tempo, preferirei andare per mare, più che per terra. Posso trattenermi solo pochi giorni, lo sai” rispose Michele, con tono confidenziale e meno duro di prima.
Tra i due amici era tornata la serenità, apparente.
“Domani, anzi stanotte stessa, se te la senti, partiremo per un piccola crociera. Osserva quella vela, in fondo al molo, è Cassiopea, la vela della mia fanciullezza. Domani solcheremo le onde”
Michele era felice per l’amico, che era di nuovo sereno.
Mattia credeva di aver sviato i sospetti di Michele, aveva così custodito l’amore verso Maddalena. Decise in quel momento che la loro relazione sarebbe rimasta segreta. Se fosse stato difficile farle ottenere l’annullamento, si sarebbero amati lo stesso. L’unica realtà era la passione profonda che li legava. Non voleva che nulla turbasse i sentimenti che provava, con la consequenziale felicità ritrovata.
“Non piove più” aggiunse “Andiamo, devi visitare la terrazza naturale.
Lo strapiombo impressionò Michele, per la bellezza rude, selvaggia.
Ancora grosse nuvole grigie inseguivano gonfie nuvole bianche, sagomate dai lunghi raggi rossi del tramonto, infuocato. All’orizzonte il cielo era giallastro. La marina era animata dai pescatori, che correvano da una parte all’altra nel disperato tentativo di recuperare le reti.
“E’ affascinante vivere qui. Ci sono stato si e no due ore e mi sembra di esserci già vissuto per anni. Mi sento parte integrante del paesaggio. Sei fortunato, Mattia a possedere quest’angolo di paradiso”
Era letteralmente catturato. Fumava beatamente il sigaro, ma all’improvviso lo spense.
“Voglio immagazzinare nella mente il ricordo di questo profumo intenso di salsedine e l’odore pungente del mirteto. Ti assicuro che mi farà bene ricordare queste ore, quando sarò oberato di lavoro, o magari prima di entrare in sala operatoria” disse Michele.
“Mi hanno accompagnato per tutta la vita questi ricordi. Puoi venire a trovarmi ogni volta che lo desideri. Se dovessi essere fuori e vuoi trascorrere un periodo di riposo, fallo sapere ai miei”. Mattia proseguì raccontando le antiche leggende che la rendevano così misteriosa e affascinante, così solitaria.
Tornava in lui lo spirito del fanciullino, che forse non era mai stato e doveva ritrovare. Era sereno, non sentiva alcuna minaccia alla sua felicità.
“Mi piacerebbe dormire qui stanotte. Credi che dispiacerà a tua madre?”
“Da generazioni la Pietraia è pronta ad accogliere ospiti inattesi, e da anni mia madre sa che i suoi figli sono imprevedibili, anche le ragazze. Cosa credi!”
Michele espresse un parere lusinghiero su Adele e Laura.
“Peccato che siano già sposate!” disse.
“Arriviamo sempre tardi amico caro. Fin ora abbiamo pensato solo al lavoro. Credi che ci sia qualche possibilità per noi?”
Mattia prese uno dei sigari di Michele, chiuse tutte le imposte e si avviarono verso Palazzo.
Il mirteto affascinava Michele, sostarono ancora. Avevano tanto da raccontare, salirono lentamente per le gradinate, divenne buio. Sui gradini lucidi per la pioggia, si spandeva la luce fioca dei lampioni lontani. Sostarono a Porta di Mare, per osservare i flutti spumosi che anche al buio si lasciavano intravedere per la loro violenza.
C’era poca gente in giro, il borgo era deserto. Si aveva l’idea di essere in autunno. Le porte delle case ai primi piani, sempre spalancate, pronte a carpire oltre all’aria vitale ogni possibile novità, per insaporire le giornate, erano accostate. Imboccarono un vicoletto, dai lastroni viscidi, ai cui lati correvano canaletti d’acqua. Il vicolo diventava sempre più stretto. Le porte delle case quasi invitavano a sostare. Ogni tanto qualcuno faceva capolino. Mattia salutava sempre tutti.
“Oh, ‘u baruneddu. Che piacere!” Si udiva dopo ogni saluto.
“Sei una celebrità!” osservò Michele.
“E’ inevitabile. La mia famiglia ha la sua dimora da cinque secoli al Palazzo, l’ala vecchia ne è testimone. Nelle nostre industrie e nei campi lavora mezzo paese. La mia notorietà è presto spiegata, se poi rifletti sul vociare del mio rientro e su tutte le favole, che hanno tessuto, potrei rilasciare pure gli autografi”
“Non credo che sia dovuto solo a questo, credo che il tuo carattere sia la tua ricchezza più grande, amico mio” aggiunse Michele , dandogli una pacca sulle spalle.
L’aria fresca invitava a proseguire la passeggiata. Salirono ancora. Una fioca luce bluastra e un penetrante profumo di vino li guidarono verso l’osteria. Piccola, resa ancora più piccola dalle botti giganti, era piena di gente, di fumo.
Al bancone della mescita c’erano molti visi conosciuti. Mattia fu felice nel ritrovare i vecchi rugosi della sua infanzia, ancora più rugosi e canuti. Lo salutarono con grande affetto. L’oste volle offrire del vino speciale, uno zibibbo dell’anno prima. Ricordava che era il preferito di Mattia.
Massimino era un uomo panciuto, come le sue botti. Conosceva Mattia da piccolino. Per un pò di tempo, quando aveva circa sei anni, gli era presa la fissazione di salire con il padre all’osteria, tutte le sere, anche se diluviava. In braccio a don Alfredo, al riparo di un grande ombrello nero, doveva recarsi all’osteria per prendere una gassosa, uno spumone. Era un capriccio che il padre gli concedeva, anche perché a lui faceva piacere trascorrere un pò di tempo con il figlioletto e fare anche due passi. Appena entravano nell’osteria il papà lo metteva giù, chiudeva l’ombrello ed ammiccando a Massimino, diceva:
-Il solito!-
A Mattia più che bere la gassosa, che peraltro non piaceva, perché pizzicava, piacevano tutti questi riti. Massimino lo sollevava e lo metteva seduto su uno scanno alto, a volte su qualche botte. Don Alfredo faceva quattro chiacchiere, sorseggiava ora questo o quel vino. Una sera Massimino disse al barone che lo zibibbo era pronto. Mattia volle assaggiarlo, ne ebbe appena un goccio, ma gli piacque tanto.
Tutto il grigiore della pioggia spariva nell’aria cerulea di fumo e vino, che era stratificata sulle pareti color manganese. Dai ganci pendevano grossi salumi e lunghi fili di peperoncini. Massimino teneva sempre sul bancone un pane grosso, come la sua pancia. Ogni tanto ne tagliava lunghe fette sulle quali disponeva vistose rotelle di salame che esibivano un profumo forte, grani di pepe e argentei pezzi di grasso. Poi Massimino le serviva su ruvidi tovaglioli.
Mattia osservava queste scene “da uomini” grossi e grassi. Suo padre non mangiava mai il salame, qualche volta faceva dare del pane a Mattia. Suo padre era e si era mantenuto asciutto.
Un bell’uomo. Dicevano le signore.
Ancora una volta nell’aria fumosa, impregnata di botti, Mattia trovava teneri ricordi che lo rasserenavano.
Per Michele nato e vissuto sempre a Roma, nell’opulenza come Mattia, era tutto divertente.
Mattia chiese a Massimino se teneva ancora il grosso pane sul bancone.
“E come no! Vieni, vieni che ci mettiamo sopra un pò di quel salame, che allora non potevi mangiare!”
Presero posto ad un tavolo, che allora non c’era, e Massimino portò loro il pane, il salame, due bicchieri di zibibbo. Si allontanò per tornare con spumoni e gassose.
Mattia si sentì finalmente sereno nel più profondo del cuore. Il suo mondo, la sua gente erano rimasti come li ricordava, semplici, spontanei.
L’osteria si era allargata sul retro, avevano ricavato una piccola cucina. Quando ebbero finito il salame, Massimino chiese loro:
-Se ve la sentite, assaggiate questo piatto-
Portò una pietanza a base di frattaglie, profumatissima. Il sugo, color oro, denunciava la massiccia presenza di peperoncino rosso e di strutto.
Tutto metteva allegria e assaggiarono il piatto. Era terribilmente piccante, ma straordinariamente gustoso.
Michele disse che l’avrebbe consigliato a qualche paziente depresso, per fargli apprezzare i piaceri della gola. Decisero di concludere la cena, stavano proprio bene.
Massimino fece capolino sul vicolo.
“La butta giù a secchi. Visto che dovete fermarvi ancora per un pezzo vi porto qualcosa per ammazzare la trippa” Era un uomo simpatico. Si unirono al loro tavolo gli anziani che avevano provato ad andar via, ma erano rimasti bloccati dalla pioggia.
Mattia li aveva pregati di fermarsi con lui. Dalla cucina spuntò Massimino con un vassoio, pieno di piatti. Dentro di ognuno una specialità diversa, olive verdi schiacciate aromatizzate al finocchi selvatico, olive nere, funghi e tante altre conserve sott’olio. Affettò dell’altro pane e seminò forchette sul tavolo, a caso.
“Usciremo vivi da questa maratona gastronomica?”
Chiese sottovoce Mattia a Michele. Fu sorpreso nel sentirsi dire:
“Zitto e mangia!”
Si era fatto molto tardi, Massimino e la moglie si unirono pure loro al tavolo, per due chiacchiere col baruneddu, che era veramente amabile.
Era quasi mezzanotte, quando decisero di rientrare.
Gli anziani rugosi erano andati via
da un pezzo.
Alla canupola non c’era più fumo, ma solo odore di legno di botte
impregnata di vino. Massimino e la moglie salutarono allegramente il
baroncino e il suo amico.
Aveva smesso di piovere e agosto si esibiva in un fantastico cielo stellato.
“Credo che la tua Cassiopea stanotte la raggiungeremo via cielo. Guarda quante stelle, Mattia!”
Michele fingeva di essere un pò brillo, forse lo era davvero. Canticchiava, si dondolava.
Non c’era nessuno per le stradine e le case con le bocche e gli occhi spalancati, ora sonnecchiavano, sbirciando solo attraverso qualche persiana appena schiusa, per far entrare il fresco della notte.
Mattia era alticcio, non fingeva, ma era sicuramente felice e non fingeva neanche in questo.
“Vieni con me, ti faccio vedere dove abita Maddalena” disse tirando l’amico per la manica della camicia. Ritornarono indietro e si avviarono per la ripida salita. Michele aveva sonno e nessuna voglia di vedere una casa vuota, ma arrivarono fino all’uscio.
“Questa è la casa di Maddalena. Maddalena la più bella maestra d’Italia” esclamò a braccia aperte. Mattia era ubriaco, l’alcool stava aumentando l’effetto. Non era abituato a bere, mai più di un bicchiere e lo zibibbo era forte, ingannevole.
“Dove possiamo trovare del caffè?” provò a chiedergli Michele, sperando che lo capisse.
“Qui, a quest’ora, vorresti trovare del caffè? Facciamo prima a tornare alla Pietraia e a prepararlo, là. Qui, caro mio, alle nove regge solo Massimino. Qui si va a letto tardi solo se fa caldo. Stasera fa caldo, rispondimi, fa caldo? No! Quindi si va a letto alle nove”
Era proprio ubriaco.
“Credo che sia il caso di tornare a casa dei tuoi, mi pare che sia più vicina”
“Non se ne parla neanche. Volevi dormire alla Pietraia e lì andremo. E poi, quella è la mia casa”
“Possibile che non ci sia un bar aperto?” provò a chiedergli ancora Michele.
“Questa è la mia terra natale, rude, selvaggia e poco mondana! Non gliene volere se a quest’ora tarda non ti offre il caffè”
Mattia era sempre più fuori di testa.
Arrivarono ad una fontanella. Mattia mise la testa sotto l’acqua, sciacquò il viso a lungo, finchè sentì svanire i fumi dell’alcool.
“Sto meglio, stai tranquillo. Sto bene, lo so, perché sono felice nuovamente” disse, cercando di tranquillizzare Michele.
Proseguirono e giunti a Porta di Mare, Michele volle fermarsi per ammirare ancora una volta i flutti avidi di terra.
Accarezzavano la spiaggia e poi la percuotevano, mentre i pescherecci, indifesi e accondiscendenti eseguivano le loro richieste di danza. Avanzavano e indietreggiavano ad un ritmo leggero, con le loro sagome panciute.
In fondo al molo Cassiopea, sbatacchiata dalla furia del mare, inviava messaggi di aiuto con la sua campanella.
“Cassiopea mi chiama, senti Michele?”
“Eppure il vento è cambiato!” osservò Michele, che non era un uomo di mare.
“Ora è vento suo, caro Michele, vento di mare, vento di libertà”
“Andiamo, la Pietraia ci aspetta” proseguì Mattia, completamente sobrio.
A Michele appariva tutto più buio.
“Perché non fate illuminare meglio questi viottoli? Non sarà pericoloso?”
“Mai alla Pietraia si è introdotto qualcuno di nascosto!”
Con voce stentorea recitò Mattia ancora una volta l’antica leggenda.
“Se non fossi un chirurgo, se non avessi l’età che ho, questa storia potrebbe farmi paura” esclamò teatralmente Michele.
“In ogni caso - proseguì - sarebbe opportuno vedere dove si mettono i piedi, un po' di luce in più non guasterebbe. Già, scommetto che fin ora a nessuno della tua famiglia era venuto in mente di stabilirsi qui. Doveva arriva Mattia, lo stravagante”.
Stavano bene insieme.
“Michele sono l’uomo più felice della terra. Amo riamato, ho scelto di vivere in un posto incantato. Cosa può darmi di più la vita?”
“Un letto per dormire e due tazze giganti di caffè molto forte. Rientriamo, lo preparo io”
Mattia chiuse l’uscio a chiave, mentre Michele ironizzava sulla sicurezza della Pietraia.
“Qua se qualcuno ci ammazza, nessuno sente le urla” disse ironicamente tenebroso.
Mattia andò in camera sua, controllò se anche l’altra camera era a posto per la notte e raggiunse l’amico in cucina. Sorseggiando il caffè, sbirciavano, attraverso i vetri, il cielo stellato.
“Stupefacente! A Parigi non riuscirò mai a vedere un simile spettacolo. Il buio profondo esalta la luminosità delle stelle. A parte gli scherzi, credi che sia prudente vivere qui, anche d’inverno? Sei sicuro che non è pericoloso?”
Michele era ancora bonariamente ironico.
“Grazie per la compagnia. Mi ha fatto molto bene questa serata, se tu non fossi stato qui avrei commesso molte imprudenze. Buona notte Michele, vado a dormire, sono esausto”
Anche Michele si recò subito in camera sua, era assonnato e stanco, almeno fisicamente, quanto l’amico.
Nel buio della notte, alla Pietraia, la luce in camera di Mattia rimase accesa a lungo.
Era esausto mentalmente, ma una volta a letto, ripensò al tumulto interiore della lunga giornata, densa di altalenanti decisioni, umori, rabbia.
Non voleva pensarci più.
“E’ giusto che Maddalena abbia seguito il marito, non poteva finire in una gazzarra. Non è da lei, saprà gestire i suoi sentimenti. Ora sa cosa vuole e cosa può chiedere alla vita. Ed è sicura di ottenerlo”
Ripeteva tutto questo convincimento per tranquillizzarsi.
Alla sola idea di non poterla avere ancora nell’immediato, o peggio di non poterle stare accanto in futuro, stava molto male.
Non voleva spezzare quella quiete intima che tutti i piccoli eventi positivi gli avevano generato.
Tornò in cucina, preparò altro caffè. Ripensava alle allegre e spontanee chiacchierate con Massimino e i vecchi rugosi, all’allegria di Michele. Si riaffacciò a guardare il cielo stellato. Era molto tardi.
Udì dei rumori in giardino, sentì di nuovo dei passi, ma non vi diede peso, ricordando che il vento sdruciava le foglie sui ciottoli, come passi.
Uscì lo stesso, per ammirare le stelle dalla terrazza naturale. Accese un sigaro. Cercò con lo sguardo Cassiopea. Individuò subito la sua sagoma affusolata. Si dondolava placida nell’acqua, come una donna che riposava dopo una lunga nuotata, voluttuosa di mare aperto.
Non poté fare a meno di ricordare i lunghi bagni di mare con Maddalena, le sorelle, Giacomo.
Provò un desiderio irrefrenabile di raggiungere la marina e di salire sulla sua imbarcazione.
Fu distratto dal ripetuto rumore di passi felpati. Questa volta volle indagare. In effetti mancava da anni e Michele poteva aver ragione.
C’era troppo buio alla Pietraia.
Era bella proprio per questo.
Si avvicinò al salottino di vimini. Per non fare troppo rumore non accese la lampada, cercò di sbirciare più che poté, al buio.
Qualcosa passò vicino ad una gamba. Accese un cerino: si trattava di un cane randagio.
Alla luce e all’avvicinarsi di Mattia si dileguò nel buio del giardino e, attraverso i cespugli, sparì verso giù, per la rampa stretta.
Tornò al salottino, accarezzò il divano dove aveva abbracciato Maddalena per la prima volta.
Sentì un lungo brivido percorregli la schiena, i desideri non soddisfatti lo rendevano stranamente felice. Erano una promessa per il futuro.
Decise di scendere alla marina, era una follia, stanco com’era, ma doveva appagare in qualche modo
l’ebbrezza dei desideri.
Scese velocemente le rampe.
Le antiche familiarità, obsolete a lungo, riemergono d’incanto, quando i sentimenti forti danno una larga spolverata alla patina del tempo.
Arrivò a Porta di Mare senza inciampare in un ciottolo, ricordava perfettamente i punti sconnessi dei gradini, le sbalzature. Procedette spedito fino alla marina. Raggiunse il molo. Salì i pochi gradini che portavano all’attracco.
Raggiunse Cassiopea.
Non poté salirvi, perché la scaletta era rientrata, ma tirò la corda dell’ormeggio. Volle sentire il legno liscio della poppa, stava quasi per finire in acqua. Desistette.
Cassiopea era Maddalena.
Cassiopea era voglia irrefrenabile
di andare per mare.
Voglia irrefrenabile della donna che amava.
Era felice.
Tenne ancora stretta la ruvida corda, fino a farsi male.
Lasciò l’ormeggio. Sollevò ancora lo sguardo al cielo. Stava già per albeggiare.
Sensazioni così forti non le aveva mai provate. Si sentiva totalmente immerso nella natura. Il contatto con il mare, la sua risacca e la salsedine erano voluttuosi. Tolse le scarpe e cominciò a camminare sull’arenile.
L’alba che si apriva era giallastra e l’acqua si tingeva di ocra. La spuma era quasi fangosa.
Era un bagno sacro.
Sembrava un lavacro alle rive del Gange.
Camminava lentamente, avido di natura, di acqua.
Si levavano i primi gabbiani e delle infinite
stelle notturne, brillavano solo le più grandi.
Si voltò per dare ancora uno sguardo a Cassiopea.
Grato.
Come amante notturno.
Prese, una strada insolita, lo guidavano i ricordi. Passò per la loro spiaggia privata. Non c’erano più le recinzioni di un tempo, solo alti massi, o forse scogli che qualche mareggiata aveva trasformato in recinzione naturale.
La spiaggetta era molto rientrata, anche quella divorata dall’avidità del mare. Si sedette su un masso.
Si sentiva il padrone del mare.
Il padrone della sua vita.
Finalmente.
Accese un sigaro e si rialzò. La scalinatella era straordinariamente ripida ed angusta, ma la vegetazione che la nascondeva era così lussureggiante da invogliarlo.
Era un continuo misurarsi con le proprie energie e i desideri da realizzare.
Emergeva ancora una volta il fanciullino che era cresciuto troppo in fretta.
“Giacomo se riusciamo ad arrivare a casa prima del temporale si realizzano i desideri per Natale”
“Mattia se beviamo il latte tutto di un sorso, oggi la maestra non ci interroga”
Sorrise a questi ricordi. Misuravano continuamente le forze con i desideri, lui e Giacomo, da bambini.
Mattia sollevò lo sguardo, prima di avviarsi. Sovrastante, il torrione dell’ala vecchia, imprimeva minaccioso, il segno del suo dominio.
Sorrise pensando che la potenza della famiglia Mastai era nelle mani di un giovane cardiologo, col cuore malato, perché follemente innamorato di una donna sposata. Un tempo, Maddalena, l’avrebbero rinchiusa nella torre.
“Ah, magari ci rinchiudessero entrambi, per sempre” fu l’ironico pensiero. Diede ancora una lunga occhiata al molo, alla sua amante Cassiopea.
Salì lentamente la scalinata che era molto ripida e faticosa.
Lunga.
Con sorpresa si trovò quasi subito nei pressi della terrazza naturale della Pietraia.
“Ecco una strada per incontrarci, senza essere visti, quando tornerà”
Rientrato, si buttò sul letto, vestito completamente, ancora una volta. Cosa insolita per lui, sempre così maniaco dell’igiene.
Ora aveva bisogno di dormire.
E il sonno non tardò.
Cassiopea vagolava sulle ondine leggere.
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