Giorno feriale | |
In metropolitana
Forti stridii di ancheggianti vetture
accordano fiati di polmoni ansimanti,
di racconti sconnessi.
Sgangherate palestre per ginnasti accalcati.
Distratta umanità dal tempo smarrito.
Roma dicembre 1999, a casa
Lunghi nastri grigi
volteggiano
su stanche pianure
su colline
e monti increduli
tutti trafitti da alveari umani
Formiche stressate
trafficano senza
apparente meta
E i lunghi nastri grigi
imperlati di dense stille
di oli pestilenziali
aspettano che tutto si plachi
Finalmente
una
mille
lucciole graziose e anomale
danzano nelle ombre serali
Le formiche esauste si rifugiano
nei cunicoli
e i lunghi nastri grigi
trovano refrigerio
Liberano i loro polmoni
in grossi sospiri fetidi
ricambiando con spregevole moneta
la frescura loro donata
dalla preziosa notte che avanza
Un altro giorno finisce
Lunghe braci di luce
infuocano l’orizzonte
Stendono mani voluttuose
sull’umile sottomessa terra
sulla stupida tracotante umanità
Altre braci si accendono per riscaldare
semplici dimore
capanne
grotte
nomadi tende di colorati beduini
Anonime
gelide e riflesse
come scintille di smossa fiamma
mille e mille braci di vetro
lanciano la loro sfida arrogante
alla volta celeste
ma uguale
è la luce riflessa negli occhi degli uomini
e l’uomo del grattacielo
il nomade
il rifugiato
l’uomo comune
invocano
che la dolcezza del tramonto
plachi i loro affanni
E un altro giorno finisce
Dolce cala la sera
Roma 25 marzo 2002 ore 19:47, a casa
Passeggiava un giorno
lungo la sua riva il fiume
Ansimava un vecchio
sulla sgangherata bicicletta
“Da quanto sei là”
Urla alle sue sorde orecchie
“Sono nato là,
nella casa rossa”
Ondeggiava un giorno
lungo la sua sponda il fiume
Correva un giovane
madido di sudore
“Da quanto tempo?”
Preoccupato gli chiede
“Da mesi!
Ma cos’è il tempo ?”
Risponde il giovane
con echi residui
di parole distratte
Scivolava un giorno
lungo la sua riva il fiume
Reggeva una cordicella
con la sua manina un bimbo
“Da quanto tempo sei qui”
Gli chiede con dolcezza
“Non lo so, mi sono perso
inseguendo una nuvola”
Sonnecchiava un giorno
nel suo letto il fiume
mentre occhi di donna
infinita tristezza
e angosciosa solitudine
percorrevano la sua sponda
Lamentosi sguardi
interrogano la stupita acqua
“Cosa pensi, cosa vedi tu
che nulla vedi e nulla provi?”
Inquieto increspa
le sue onde il fiume
e affannato risponde
“Ho visto un bambino da solo
inseguire una nuvola
Ho visto un giovane
correre da solo
Ho visto un vecchio solo”
“E dimmi : da quanto tempo sei qui ?”
insiste la donna smarrita
“Da sempre, Io sono l’acqua
il Movimento
il Tempo”
Risponde il fiume
placando le onde
“Voglio stare con te
essere come te”
Continua impudente
la donna
“Non puoi” risponde il fiume
“Ma io non riesco a perdermi
dietro le nuvole dei sogni
Non corro più
e non penso più a nulla
Avrò pace solo nel tuo letto
Sono disperata”
Ripete la donna e
suadente e sfrontata
scivola sotto il verde
e setoso lenzuolo
“Non puoi appartenermi”
E il gorgoglio
dei suoi spumeggianti polmoni
si tramuta in orrore
nel vecchio che passa
in compagnia di un giovane
e di un bambino
E diventa urlo e forza
alla donna assopita
alla Vita
Ansimava nel suo letto
il fiume
Correva il giovane
Sorrideva il vecchio
Ritrovava la sua nuvola
il bambino
mentre sorridente
incontrava la Vita
lungo la sua sponda
il Fiume
Roma 14/15 gennaio 2002 ore 18, a casa
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